Successione patrimoniale e immobili cosa è importante sapere
in collaborazione con


GIOVANNI CARLONI
Docente e consulente patrimoniale TESEO.
Il patrimonio immobiliare costituisce il 59% della ricchezza delle famiglie italiane, secondo i dati di Banca d’Italia. Il trasferimento “mortis causa” di questa forma diffusa di detenzione della ricchezza non è privo di insidie e rischi.
In presenza di una successione legittima gli immobili del “de cuius” che cadono in successione saranno ripartiti ai suoi eredi legittimi, secondo le quote previste dalla legge in capo ad essi, con riserva di un “diritto di abitazione” vitalizio sull’abitazione familiare in capo al coniuge (o all’eventuale partner unito civilmente).
La suddivisione dei beni avviene in modalità differenti a seconda dei diversi contesti di partenza. Ad esempio, nel caso in cui la persona defunta sia l’unica intestataria della casa di famiglia e sia coniugata con 3 figli, la nuda proprietà della casa andrebbe per il 22,22% (due noni) a ciascuno dei 3 figli e per il 33,33% al coniuge, cui spetterebbe anche il diritto di abitazione vitalizio. Per ciascun altro immobile in capo al de cuius varrebbe poi, in termini percentuali, la medesima ripartizione del diritto di proprietà. Diversamente, nel caso in cui la persona venuta a mancare sia sempre l’unica intestataria della casa di famiglia, ma sia solo convivente di fatto da anni e con figli, la proprietà della casa familiare andrebbe suddivisa tra i figli in parti uguali, mentre al/alla partner spetterebbe un diritto di abitazione temporaneo della durata di 5 anni. Se, invece, il defunto fosse l’unico intestatario della casa familiare e fosse convivente di fatto da poco meno di 1 anno, senza figli, ma con altri parenti prossimi in vita, allora la proprietà della casa verrebbe suddivisa in parti uguali tra fratelli e genitori, mentre al/alla partner spetterebbe unicamente un diritto di abitazione che avrebbe una durata di soli 2 anni.
In tutti e tre i casi si evince una mancata fruibilità degli immobili in capo agli eredi legittimi. Questo problema ricorre ogni volta che il de cuius ha due o più eredi legittimi e non ha fatto un testamento che preveda una differente ripartizione delle proprietà immobiliari.
In presenza di un patrimonio immobiliare, grande o piccolo che sia, è necessario comprendere la ripartizione dello stesso tra gli eredi legittimi in assenza di pianificazione successoria e, successivamente, le modalità in cui si desidera allocare i singoli cespiti tra gli eredi necessari e le persone meritevoli di tutela (tenendo conto dell’intero asse ereditario e di eventuali quote di riserva da rispettare). Ad esempio, nel terzo caso, il de cuius avrebbe potuto lasciare l’intera proprietà della casa familiare alla convivente, prevedendo la copertura della quota di riserva spettante ai genitori (complessivamente pari ad un terzo, in questo caso) con uno o più legati rinvenienti dal resto dell’asse ereditario.
Un’attività di pianificazione consente anche di scindere, a proprio piacimento, la nuda proprietà di uno o più cespiti rispetto al diritto di “abitazione” (o diritto di “uso”, qualora non fosse un immobile abitativo) o al diritto di “usufrutto”, a seconda delle finalità che si desidera raggiungere.
Inoltre, occorre ricordare che il trasferimento degli immobili “mortis causa” genererà un doppio impatto fiscale, da stimare preliminarmente in un processo di pianificazione successoria. Il primo è relativo all’imponibile successorio, calcolato sul valore catastale degli immobili, e determinante in funzione delle franchigie applicate sugli eredi legittimi o testamentari e su cui applicare le aliquote previste. Il secondo, invece, che prescinde da aliquote e franchigie, è relativo all’impatto delle imposte immobiliari, ovvero l’imposta ipotecaria (2%) e l’imposta catastale (1%). Sebbene, nel caso in cui l’erede (o uno dei coeredi) possa avvalersi dell’agevolazione “prima casa” al momento della chiamata all’eredità di un’abitazione, pagando in tal caso imposte ipo-catastali in misura fissa per complessive 400 euro, si consiglia sempre, in fase di pianificazione, effettuare prudenzialmente i calcoli senza considerare tale agevolazione (questo perché al momento della pianificazione, di norma, non si può prevedere cosa potrà accadere al momento dell’effettiva apertura della successione, che potrà avvenire molti anni o decenni dopo).